Troppe volte in quel flusso caotico, magmatico che chiamiamo vita, ci accade di dimenticare che al di là del nostro essere individui, persone dedite al lavoro, alla realizzazione dei propri desideri, a passioni e relazioni, siamo frutto di una Storia, quella con la S maiuscola, che ci precede, ci contiene, avanza dopo di noi. Il tempo attorno è il racconto di cinque vite che quella Storia non hanno mai potuto ignorarla: ne sono state investite, travolte, come da un gigantesco masso che rotoli giù da un monte la cui cima si perde a vista d’occhio.
Nel cono d’ombra che dagli anni 80 della seconda guerra di mafia si allarga fino al processo Andreotti, si dipana la vicenda familiare di una coppia di magistrati antimafia, Michele Vetrano e Paola Randazzo, un figlio, Benedetto, costretto a crescere troppo in fretta, due agenti della scorta, De Piccolo e Mansueto, che li affiancano costantemente. Gli accadimenti si succedono a un ritmo innaturale, come se qualcuno avesse impresso una velocità doppia alla moviola dei giorni: le stragi Falcone e Borsellino, l’omicidio del piccolo Di Matteo, il “processo del secolo” a carico dell’uomo più potente d’Italia, Giulio Andreotti. Tutto questo entra prepotentemente nella casa di Benedetto, che vede volar via l’amore dei suoi genitori, l’innocenza dell’infanzia e ogni certezza, a partire da quella della vita stessa.
Il tempo attorno è ispirato al vissuto reale di Giuliano Scarpinato, dei suoi genitori Roberto Scarpinato e Teresa Principato, magistrati antimafia, e degli agenti della scorta che li hanno affiancati per anni. È un viaggio nella memoria, uno scandaglio lanciato nelle acque mosse del passato per riportare a galla la perla rara di un senso, di una ragione che tenga tutto insieme. Accade di chiedersi, dopo lunghi anni di rabbia, risentimento e, certo, amore, mescolati insieme: “Ne sarà valsa la pena?” Attraverso il Teatro, luogo eletto della catarsi, Giuliano Scarpinato lancia al pubblico questa domanda. Perché le ferite di una famiglia e quelle di un paese, riaperte con grazia e coraggio, possano diventare occhi vigili sul presente e sul futuro.
Prima Milanese
ideazione, drammaturgia e regia Giuliano Scarpinato
supervisione del testo Lucia Calamaro
con Roberta Caronia (Paola Randazzo, magistrato), Giandomenico Cupaiuolo (Michele Vetrano, magistrato), Emanuele Del Castillo (il figlio Benedetto), Alessio Barone (Liborio Mansueto, agente della scorta), Gaetano Migliaccio (Diego De Piccolo, agente della scorta)
scene Diana Ciufo
costumi Dora Argento
suono e luci Giacomo Agnifili
assistente alla regia Adele di Bella
direttore di scena Sergio Beghi
fonico Mauro Fontana
elettricista Mario Schillaci
macchinisti Giuseppe Macaluso, Gaetano Presti
sarta Mariella Gerbino
scene e attrezzeria realizzate con la collaborazione degli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Palermo: Ignazio Guarneri, Chiarastella Santalucia, Alessandra Vizzini
coordinamento degli allievi Valentina Console
produzione Teatro Biondo di Palermo