LIBERTÀ OBBLIGATORIA

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  1. di Giorgio Gaber e Sandro Luporini

con Enrico Ballardini, Sara Bertelà, Gianluigi Fogacci, Andrea Mirò, Alessandro Centolanza, Gianmarco Straniero e Andrea Spampinato.

adattamento e regia Emilio Russo
scene Federico Biancalani
costumi Pamela Aicardi
luci Andrea Violato
assistente alla regia Chiara Callegari
produzione Tieffe Teatro Milano 

in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber

Dopo il successo di Far finta di essere sani, Emilio Russo affronta ancora un testo “storico” e controverso come Libertà obbligatoria del 1976 che contiene temi e contenuti assolutamente attuali, da rileggere a distanza di oltre 45 anni, con la percezione agrodolce di essere rimasti ancora lì con i nostri disagi, le inquietudini sociali e individuali, la falsa coscienza di molti, ma anche con la possibilità di risvegliare i sogni rattrappiti.

Pur con le dinamiche del teatro-canzone e quindi con la costruzione non convenzionale e contaminata del suo straordinario “fare” teatro mi piace considerare Giorgio Gaber come un classico da interpretare e, pur nella sua universalità, provare a contestualizzarlo

Nel caso di Libertà Obbligatoria – forse il suo spettacolo più politico- quindi la seconda metà degli anni 70.

I personaggi, attori e musicisti, della nostra versione rappresentano, come nella profetica lettura epocale di Gaber e Luporini, i “reduci” di una rivoluzione mancata, forse per eccesso di ideologia e scarsità di concretezza e bisogno reale, oppure semplicemente perché hanno vinto gli altri con le loro regole anti ideologiche basate su consumismo, individualismo e modelli produttivi feroci. I “reduci” finiranno per adeguarsi forse o perlomeno di porsi domande su sé stessi, il proprio futuro, mentre il tempo stringe, gli anni passano, forse ci sono ancora posti da occupare e non ci sarà più tempo per la coscienza collettiva. “A quarant’anni siamo già a raccontare ai nipoti che noi buttavamo tutto in aria…”

I reduci incarnano il pensiero gaberiano attraverso i conflitti di visioni contrapposte, nonostante le esperienze ancora condivise, ma destinate a divergere nel futuro. C’è chi è meno lucido, ancora combattivo, se non combattente, deluso, incazzato, si rifugia nel passato e nei sogni. Sono quelli che guardano all’indietro. Ci sono anche quelli  più analitici, disposti a fare i conti con quel presente che hanno combattuto sino a ieri. Accettano l’onda nuova, ma sino a un certo punto. Compromessi forse sì, ma contro la DC! Guardano in avanti con sospetto.

Ho voluto mantenere i riferimenti storici dell’epoca, perché mi paiono efficaci. E’ un testo molto politico, forse il più politico del teatro canzone, perché Gaber e Luporini fanno i conti definitivi con il 68 e profetizzano (piuttosto in anticipo) la deriva ideologica e non solo dei movimenti (ora Attila fa il consigliere regionale…). In scena ho confermato lo straordinario gruppo di FAR FINTA DI ESSERE SANI, la voce unica di ANDREA MIRO’, gaberiana per vocazione e ormai per definizione, cantante/attrice dotata di grazia, profondità e presenza, il talento prismatico di ENRICO BALLARDINI, a loro, proprio per dare ancora più peso e valore alle parole e ai contenuti, si aggiungono una coppia di attori di grande forza teatrale come SARA BERTELA’ e GIANLUIGI FOGACCI, tra gli attori più apprezzati della nostra scena teatrale, per uno spettacolo collettivo che sarà leggero e profondo, ironico ed emozionante e che proverà a restituire il grande senso civile, culturale, ma anche spettacolare e popolare di quella straordinaria e indimenticabile esperienza che è stato il teatro-canzone.

Emilio Russo