disponibilità da ottobre 2023
concept e regia Nicola di Chio, Miriam Selima Fieno
in scena Abdo Al Naseef Alnoeme, Giorgia Possekel
drammaturgia Miriam Selima Fieno
scenografia virtuale e light design Maria Elena Fusacchia
videomaking Nicola Di Chio, Miriam Selima Fieno, Abdo Al Naseef Alnoeme, Giorgia Possekel
video di archivio Hazem Alhamwy
realizzazione miniature Ilenia Lella Fieno
spazio sonoro Antonello Ruzzini
produzione Tieffe Teatro Menotti
con il sostegno di
CSS Teatro stabile di innovazione del FVG/Dialoghi – Residenze delle Arti Performative a Villa Manin,
Qui e Ora Residenza Teatrale,Teatro Giovani Teatro Pirata / AMAT,
L’ Arboreto Teatro Dimora di Mondaino,
Zona k
in collaborazione con Mishwar Ong
vincitore premio Young&Kids 2022 FIT Festival Lugano
vincitore menzione Premio Scenario Infanzia 2020
vincitore bando Alte Marche Creative 2021
LO SPETTACOLO.
FROM SYRIA: IS THIS A CHILD? è nato dal desiderio di Nicola Di Chio e Miriam Selima Fieno di trovare un linguaggio per parlare ai ragazzi ed è diventato uno spettacolo di teatro documentario che cerca di parlare a tutte le generazioni, attraverso un dialogo multimediale tra teatro, documento e cinema; dove la narrazione dal vivo, che parte da una ricerca nelle storie vere dei testimoni-protagonisti, si fonde alla narrazione audiovisiva.
In scena c’è Giorgia una ragazzina italiana di 14 anni che racconta la sua vita quotidiana di europea in un florido tempo di pace, nella quale giace tuttavia il dolore di una guerra familiare; e c’è Abdo un giovane rifugiato siriano che, attraverso un’amicizia inaspettata, avvicina Giorgia alla conoscenza di un’altra guerra: quella fatta di bombe, missili ed esplosioni sotto cui vivono dal 2011 migliaia di suoi coetanei in Siria.
Un’infanzia felice, finita presto per via del divorzio dei genitori, per Giorgia, che trattiene il suo giovane passato in un archivio di filmati e fotografie; un’infanzia mai iniziata per Abdo che dalla finestra di casa sua ha cominciato a riprendere con il cellulare le brutalità di una guerra che gli ha tolto tutto, tranne i ricordi.
Carri armati, deflagrazioni, sangue, macerie e morti hanno segnato da protagonisti la sua infanzia, costringendolo a soli dieci anni a lavorare per aiutare famiglia, fino alla fuga dalla Siria verso il Libano e poi dal Libano in Italia nel 2016.
Quando Giorgia entra in contatto con questa realtà comincia a cambiare il suo sguardo sul mondo, inizia una personale ricerca sulla guerra, accende la telecamera e documenta ogni sua scoperta, per non correre nell’errore che l’essere umano ripete di continuo: dimenticare.
Con l’aiuto di Abdo ricostruisce quello che è accaduto in Siria e avvia una comunicazione via internet con un gruppo di bambini siriani che vivono in un campo profughi al confine tra il Libano e la Siria, perché è decisa a voler costruire un mondo migliore assieme a loro.
Sulla scena Abdo e Giorgia raccontano le loro storie, dialogano e interagiscono con la scenografia virtuale, manovrando diversi dispositivi attraverso cui condividono materiali personali, videochiamate, fotografie, video, cartine e miniature.
Gli spettatori sono invitati a entrare delicatamente in un mondo privato e lacerante insieme ai due giovani testimoni-protagonisti che accettando di esporre una elaborazione dal vivo della loro biografia e degli aspetti privilegiati e dolorosi che hanno segnato le loro storie fino ad oggi.
Passo dopo passo il pubblico si immerge in un’esperienza di indagine e scoperta e assiste a un documentario in tempo reale, grazie ai dispositivi che lavorano in live e a una regia video in diretta dove le macchine da presa e i contributi cinematografici agiscono come parte integrante della drammaturgia e del gioco scenico.
Lo spettacolo è un’incursione nel dolore e nelle sue diverse sfaccettature e va alla ricerca di un equilibrio tra storia personale e storia epocale, in un intenso affresco emotivo dove la tecnologia dilata come una lente di ingrandimento il nostro presente e apre squarci su mondi non poi così distanti, mostra i volti della guerra e ne narra gli effetti, lasciando in sospeso, per tutti, una domanda: che adulto vuoi diventare?
Siamo ancora tutti in tempo per rispondere.
I PREMI.
• PREMIO YOUNG&KIDS 2022 miglior spettacolo FIT Festival Internazionale del Teatro e della Scena Contemporanea di Lugano
motivazione:
“Esempio di teatro documentario che oltre a temi di assoluta attualità, troppo spesso dimenticati, tenta anche un audace confronto tra dolore privato e tragedia di popoli. Il mio dolore che apre a quello dell’altro, che consola e ci fa crescere e sperare insieme. La diversità che arricchisce. Questo spettacolo ha trasmesso un forte messaggio di generosità, autenticità e coraggio, nel presente verso l’avvenire”.
• BANDO DI RESIDENZA TEATRALE “ALTE MARCHE CREATIVE – CUORE ACCOGLIENTE DELL’APPENNINO” 2021 promosso da ATGTP Associazione Teatro Giovani Teatro Pirata in collaborazione con AMAT Associazione Marchigiana Attività Teatrali
• MENZIONE PREMIO SCENARIO INFANZIA 2020
motivazione:
«Per aver affrontato il tema contemporaneo della guerra in un progetto multimediale di teatro documentario, destinato a bambini e ragazzi, che mette a confronto le vite parallele di infanzie italiane e siriane e le coinvolge nella ricostruzione delle loro verità, in un difficile dialogo, vicino e lontano, possibile e impossibile, alla ricerca della gioia, nonostante tutto»
LA RASSEGNA STAMPA.
«Più o meno tutti arriviamo da un dolore». E non importa che dolore sia, la sua genesi è sempre complessa da ricostruire, la sua eredità è ancora più difficile da curare. Di fronte ad esso, avvertiamo come il bisogno di una guida, qualcuno che quel dolore ci aiuti a raccoglierlo e proteggerlo, a scandagliarlo per giungervi alle origini più profonde. Avvertiamo il bisogno di una voce che lo comprenda per condividerlo. Mirian Selima Fieno e Nicola Di Chio ne raccolgono da anni i frammenti sparsi sulla superficie della terra, usandoli nella propria pratica di ricerca come autentici strumenti d’indagine. In From Syria: is this a child? calano il teatro documentario all’interno di due giovani microcosmi, anfratti di vite che vibrano sul palco di Zona K in cerca di ascolto. Qui, Giorgia è una ragazza italiana di 14 anni. Porta sempre con sé la macchina da presa e indaga attraverso di essa le fratture della propria storia per trovare una spiegazione alla sofferenza provata per la separazione dei suoi. E poi c’è Abdo, un ragazzo siriano di poco più grande, costretto fin da piccolo ad abbandonare la propria casa e la propria terra per una guerra che ha distrutto tutto, anche la sua infanzia, perché «in guerra non esistono bambini». La distanza delle geografie identitarie si trasforma nella vicinanza delle emozioni condivise; i due s’incontrano nella vita vera e sulla scena, uniti dal linguaggio della telecamera che attraverso riprese in diretta e preregistrate conferisce una veridicità grezza e pura al racconto. È questa la materia pulsante del giovane lavoro (che si avvale inoltre di attori non professionisti), l’eredità umana di un fare teatro che riflette una visione ben precisa dei due registi, l’impegno sociale che è sincera responsabilità, affidata ora a chi tra noi deve ancora scegliere chi vuole essere domani».
Per TEATRO E CRITICA Andrea Gardenghi
Al centro i giovani adulti
«Quando la serata non si conclude con l’accensione delle luci di sala, ma genera un dialogo aperto e spontaneo in cui artisti e spettatori mettono in comune riflessioni, dubbi ed esperienze, quando il pubblico si trattiene in sala a fine spettacolo e fatica ad avviarsi all’uscita, quando gli applausi si ripetono a più riprese anche durante il dibattito e, alle reazioni commosse, si aggiunge il desiderio da parte dei giovani in sala di conoscere, capire, scegliere quale adulto diventare, allora ci si trova difronte a un teatro necessario».
Per KRAPP’S LAST POST Francesca Matria Rizzotti
Per una ecologia della multimedialità
«È giusto raccontare la guerra ai bambini?», ma in realtà qui è una bambina che ci racconta la guerra, che ci colpisce e ci interroga. In modo diretto come solo i ragazzini sanno fare. E a questa immediatezza di approccio al tema tremendo della guerra – senza sovrastrutture, senza sconti – corrisponde una spontaneità nell’uso delle tecnologie in scena che fa sembrare semplice anche il complesso lavoro di intreccio e sovrapposizione di piani narrativi, di linguaggi e di media. Non è il primo lavoro di Miriam Selima Fieno e Nicola Di Chio sui conflitti contemporanei a partire da esperienze dirette portate a scoprirsi sulla soglia insidiosa che separa la realtà dalla finzione. Un procedere artisticamente ibrido e politicamente esposto che ricorda l’approccio etico/estetico di Milo Rau».
Per ATEATRO Fernando Marchiori
Tra memoria e storia personale
«In “From Syria: is this a Child?” di Miriam Selima Fieno e Nicola Di Chio c’è molta verità, e molto dolore. Il lavoro ha ricevuto la menzione al Premio Scenario Infanzia 2020, e pur essendo nato per parlare ai ragazzi, è un lavoro che può dire qualcosa a tutte le generazioni. Presentato in forma di studio – manca ancora il terzo e ultimo capitolo – già così ha regalato tante emozioni, e spunti di riflessione».
Per KRAPP’S LAST POST Rita Borga
Storia collettiva e storia individuale
«From Syria, sembra essere l’unico progetto che si occupi del mondo, un mondo divenuto altro per l’asperità del conflitto più che per la lontananza geografica, ma ora, causa pandemia, tornato veramente ad essere distante, irraggiungibile. Per questo lavoro in particolare possiamo parlare di progetto di lungo corso e ampio respiro, visto che per parlare di guerra, morte, distruzione, profughi, diversità culturali ai bambini e ragazzi in modo molto diretto, esso si avvale di tecniche miste da docufiction, piani interpretativi intersecantesi tra biografico e politico, individuale e collettivo, coinvolgendo reti associative e territorialità, rapporto con paesi di mediazione quali il Libano, diverse fasce di età a confronto».
Per OSSERVATORIO PREMIO SCENARIO Silvia Napoli
Responsabilità
«From Syria: Is This a Child? di Miriam Selima Fieno avvicina la questione della memoria storica al presente, affrontando uno dei temi più difficili e complessi da raccontare a un pubblico individuato tra i 10 e i 18 anni. Si tratta di un vero e proprio documentario sulla guerra in Siria, in cui il teatro documento, l’inchiesta, la testimonianza diretta, i video compongono un viaggio di conoscenza dentro il groviglio inestricabile di un conflitto così atroce e, in senso lato, dentro la guerra tout court».
Per OSSERVATORIO PREMIO SCENARIO Stefano Casi